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Immagine del redattoreBarbara Stavěl

Prima di tutto è un felino

Aggiornamento: 26 ott 2020


Discende da una delle specie più schive e riservate della terra. Ricordati di ciò, quando sei tentato di trattenerlo contro la sua volontà


Chi è il suo progenitore? Perché si è avvicinato all'uomo, divenendo l'animale più presente nelle nostre case?

Il gatto è una fiera in miniatura che ha bisogno di te quando ti cerca come di stare per conto suo senza essere disturbato. Sappi che un gatto ha sempre molte cose da fare, che seguono una precisa logica quotidiana. La pigrizia è una leggenda. Riposo e sonno gli sono necessari per ricostituire le energie, per tutelare il buon funzionamento dell'organismo.

Il gatto è un Felis catus, sottospecie del Felis silvestris, il gatto selvatico tutt'ora vivente, però distribuito solo nelle poche zone selvagge dove l'uomo raramente mette piede. Il gatto randagio, che scappa alla vista dell'uomo ma vive nelle aree antropizzate, non è un gatto selvatico, è un gatto domestico non socializzato con uomo nelle prime 9 settimane di vita.

Migliaia di anni fa – c'è discordanza persino se 5000, 7000 o 10.000 – il gatto selvatico si avvicinò all'uomo spontaneamente, nonostante la motivazione alimentare non sussistesse. Il selvatico, infatti, si era evoluto per cacciare una grandissima varietà di piccole prede distribuite in abbondanza ovunque il gatto si adattasse a vivere. In altre parole, l'avvicinamento non avvenne per fame.

La scienza si è chiesta a lungo come mai un animale profondamente solitario e schivo, e senza la potente spinta motivazionale alimentare, si sia avvicinato all'uomo, il quale, secondo i parametri felini, è decisamente vivace e rumoroso.

Si sono potute elaborare solo teorie. La più credibile ci racconta del gatto selvatico africano, il Felis silvestris lybica, l'unica specie selvatica, a oggi esistente, dalla socievolezza intrinseca più marcata dei cugini europei. A vincere la paura dell'uomo e l'istinto solitario fu un vantaggio opportunistico: le scorte umane di cereali concentravano topi e ratti in quantità, tanto da cadere loro praticamente fra le zampe! Le percentuali di successo venatorio erano maggiori. Quei gatti furbi faticavano assai meno di prima a sopravvivere!

Verosimilmente, l'uomo ricambiava il favore evitando di scacciarlo.

Da quella convivenza la tolleranza verso l'uomo iniziò a trasmettersi di generazione in generazione, si fissò nel DNA. Ciò provocò un lento e delicato sodalizio che ci ha regalato il gatto domestico.

Però attenzione, la domesticazione del gatto non è conclusa, è in corso d'opera. L'etogramma comportamentale del domestico è sostanzialmente uguale a quello del selvatico, fatta eccezione per l'inclinazione del primo a poter essere socializzato con uomo e altri animali nelle prime 9 settimane di vita. Al contrario, il F. silvastris non può essere addomesticato neppure se allevato a biberon, come emerse in uno studio condotto negli anni 60 del secolo scorso.


La premessa per una splendida convivenza uomo-gatto parte da questo concetto:

il gatto è un felino territoriale e solitario con istinto di caccia fortissimo. Non possiamo aspettarci che in soli 5000 anni di contatti con l'uomo il F. catus si sia adattato completamente alla vita con l'uomo. Occorrono decine di migliaia di anni perché ciò si realizzi.

Quindi il gatto non è solo un animale morbido e caldo da accoccolare in grembo, è una piccola fiera con reazioni istintive potenti e immodificabili.

Favorire una splendida convivenza è l'uomo che deve andare incontro ai bisogni di specie del gatto, non viceversa.

Foto:

Pietro, 7 anni, castrato, agile, molto territoriale, gran cacciatore di topi e ratti, amante della vita outdoor e delle passeggiate con me. È libero di entrare/uscire a piacimento e dispone di un aerale di almeno 500 m2. Lo si vede in casa solo in caso di pioggia o freddo umido e intenso.

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